Caritas Insieme,
Rivista e TV
QUANDO
L'OPERATORE SOCIALE DIVENTA OPERATORE TELEVISIVO.
Promuovere via etere una nuova cultura
Di
Giovanni Pellegri
Una presentatrice ed un regista si scambiano due frasi in uno studio televisivo:
La presentatrice: - Telefona al servizio sociale e chiedi se il Dante si è
rasato, non abbiamo l'intervistatore ... chiedi anche se qualcuno ha un pullover
blu da prestarmi, il mio non si intona con i calzoni -.
Il regista: - Sì d'accordo, e tu chiedi se qualcuno può portare
in televisione l'ultima puntata. È pronta: ho finito di montarla stamattina
alle quattro-.
Avrete tutti capito che non sto riportando un dialogo avvenuto tra due impiegati
degli studi televisivi di Hollywood, così come avrete intuito che il
regista non è Alan Parker, la presentatrice non è Alba Parietti
ed i mezzi e le finanze non sono quelli di Berlusconi.
È Caritas che fa televisione. Produce settimanalmente una trasmissione
seria e professionale anche se avviene in una soffitta. Non ha truccatori, vallette,
tecnici o registi ma ha volontari e collaboratori che si mettono a disposizione
per realizzare ogni settimana 40 minuti di trasmissione. Sabato 8 febbraio andrà
in onda la 112a puntata, traguardo impensabile due anni fa, quando iniziò
questa avventura.
Durante questi anni, al di fuori da una qualsiasi logica lavorativa, gli operatori
sociali e i volontari di Caritas si sono trasformati, a tempo perso, in operatori
televisivi assumendo ruoli da regista, cameraman, tecnico del suono o presentatore.
Il risultato? 112 occasioni in più per sostenere anche via etere delle
espressioni di solidarietà capaci di rivelare un segno di una "nuova
cultura".
La televisione è senza alcun dubbio un mezzo interessante anche per comunicare
esperienze di vita sociale o ecclesiale. Se si pensa che una qualsiasi conferenza
organizzata in Ticino riesce a raccogliere, anche con successo, poche centinaia
di persone, mentre se lo stesso dibattito, registrato e trasmesso da un'emissione
televisiva, è seguito da migliaia di telespettatori, allora se ne deduce
l'importanza della scelta del mezzo di comunicazione. Avere la possibilità
ogni settimana di dare voce alla solidarietà davanti a un pubblico equivalente
a uno stadio gremito di spettatori e contemporaneamente raggiungere tante persone
che cercano segni di speranza, sarebbe irrealizzabile con altri strumenti.
In una società bombardata da giornali, riviste, reti televisive, spot
pubblicitari, soltanto le proposte più attraenti superano l'esame del
cestino o del telecomando. Insomma, se vogliamo che la lettura della nostra
rivista sia preferita alla lettura di un foglio pubblicitario di un detersivo,
bisogna che essa si presenti con dei contenuti interessanti e con una presentazione
(qualità di stampa e di carta, scelta della copertine/copertina, ...) che invogli
il lettore a scopertine/coprirne i contenuti. Caritas ha quindi scelto per dare voce alla
solidarietà le strategie di comunicazione che comunemente condizionano
la propaganda di un qualsiasi prodotto commerciale perché anche la comunicazione
sociale ed ecclesiale deve saper giocare, per sopravvivere, con gli stessi mezzi
che condizionano lo scambio di informazioni in altri campi. L'alternativa è
essere cestinati. Da questa analisi Caritas Insieme è divenuta da oltre
un anno una rivista bimestrale, disponibile in edicola, su internet e in abbonamento,
così come un'emissione televisiva settimanale su TeleLiberaCampione da
più di due anni. Per capire se le nostre scelte hanno avuto successo
presso il pubblico, abbiamo chiesto all'Ufficio Ricerche Socio economiche Nautilus
di effettuare un sondaggio. I risultati di questo sondaggio, già annunciati
sull'ultimo numero della rivista, ci hanno sorpresi: ogni settimana 14'339 spettatori
seguono la trasmissione Caritas Insieme, mentre ogni numero della rivista è
letta da più di 30'000 lettori, ma con chi ci segue sporadicamente arriviamo
a 66'000 persone.Buona lettura e buona visione di Caritas Insieme!